Come migliorare la forza nel calciatore

Come migliorare la forza nel calciatore

Michele Marro

Esistono diverse tipologie di forza:

  1. massimale o pura capacità del sistema neuromuscolare di esprimere la forza più elevata possibile con una contrazione volontaria;
  2. dinamica massima – capacità del sistema neuromuscolare di vincere delle resistenze con elevata rapidità di contrazione (massimale o pura, dinamica massima, esplosiva o potenza); 
  3. esplosiva o potenza – capacità del sistema neuromuscolare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile; 
  4. resistente – capacità dell’organismo di opporsi a un carico per un periodo relativamente lungo. 

Il calciatore produce forza con accelerazioni, frenate, sterzate, cambi di direzione, conduzioni di palla in velocità, contrasti, protezioni del pallone, salti… Parliamo di azioni intense ed esplosive in un contesto di forza resistente a causa dei recuperi incompleti.

La partita, dal punto di vista fisico, infatti è una serie di momenti ad alta intensità intervallati da altri di recupero; con il passare dei minuti le fasi ad alta intensità tendono a diminuire e i tempi di recupero si allungano; per questi motivi i classici modelli di allenamento che prevedono recuperi completi tra le serie e poca produzione di acido lattico non sono ottimali, bisogna adattare quei modelli al calciatore riducendo i tempi di recupero tra le serie oppure inserendo metodologie ad alta intensità con recuperi incompleti (circuit training, super set, HIIT…).

Per allenare la forza poi è determinante sapere che le fibre muscolari si contraggono secondo la legge “del tutto o del nulla”: quando lo stimolo nervoso genera il potenziale d’azione, la fibra muscolare si contrae al 100% delle sue possibilità; il problema è che durante una contrazione muscolare, anche massimale, ci sarà sempre un certo numero di fibre muscolari che non interviene.

Questo concetto ci permette di capire che l’allenamento della forza pura o massimale rappresenta un punto fermo nella programmazione di qualsiasi forma di training. Grazie al miglioramento della forza pura cresce il numero di miofibrille nel muscolo (ipertrofia miofibrillare) e si riduce il numero di fibre che non lavora durante la contrazione.

Più fibre muscolari abbiamo all’interno del muscolo (ipertrofia miofibrillare), più forza generiamo. Più fibre partecipano al lavoro muscolare più forza produciamo. Aumentare le fibre muscolari all’interno del muscolo e ridurre le fibre che non lavorano sono i due princìpi alla base dell’aumento di forza.

Come si nota dalla definizione, l’allenamento di forza coinvolge anche il cervello, quindi prima di programmare gli allenamenti è importante rispondere a una domanda: perché durante una contrazione muscolare, anche sub-massimale, c’è sempre un certo numero di fibre muscolari che non lavora?

Questo succede perché il nostro cervello è progettato per risparmiare energia (Boschiero, 2013; Straub, 2015) e proteggerci da sforzi “eccessivi”: insomma il nostro cervello cerca di farci svolgere qualsiasi lavoro muscolare risparmiando energia, pertanto coinvolge il minor numero di fibre muscolari possibile. Però ha un ruolo chiave nel miglioramento della forza: l’allenamento servirà a insegnare al cervello a reclutare il maggior numero possibile di fibre muscolari (reclutazione spaziale) contemporaneamente (reclutazione temporale – Gruzza, 2013), questo succede solo quando la tecnica di esecuzione degli esercizi è corretta e consolidata.

L’allenamento è necessario per incrementare la forza così come lo stile di vita (under-training) è fondamentale per mantenere e migliorare i risultati raggiunti nel tempo. La forza migliora quando training e under-training sono corretti; lo stimolo allenante deve essere adeguato e gli andamenti neurali e ormonali alla base di qualsiasi modificazione del corpo umano devono favorire l’ipertrofia miofibrillare necessaria per l’aumento della forza stessa.

Per capire meglio questo concetto facciamo due esempi: 

1. ipotizziamo di somministrare lo stesso allenamento a due calciatori che hanno identica composizione corporea; uno dei due soffre di stanchezza persistente. Il calciatore che ha questo disturbo non aumenterà la forza! Soffrire di stanchezza costante, come testimoniato dall’intervista dei MUS (sintomi vaghi e aspecifici, tabella A), significa avere bassi livelli di testosterone libero (Boschiero, 2013; Chrousos et al., 2000); quindi non ci sono le condizioni fisiologiche necessarie all’incremento di forza;

2. si propone lo stesso stimolo allenante a due calciatori con uguale composizione corporea; uno dei due soffre di insonnia (sintomo presente nell’intervista dei MUS); soffrire di insonnia o disturbi del sonno significa che il GH, l’ormone protagonista dei meccanismi di recupero notturni necessari per l’ipertrofia miofibrillare, non lavora in maniera adeguata; senza riparazione muscolare notturna non c’è ipertrofia miofibrillare e non può esserci crescita della forza nel tempo. Inoltre l’insonnia è collegata a un aumento del tessuto adiposo intramuscolare che è correlato a perdita di abilità neuromotoria e aumento del rischio infortuni (Chrousos, 2000).

Per questi motivi l’intervista dei MUS è un mezzo a costo zero per capire se lo stile di vita del calciatore (under-training) sta andando a favore dell’aumento di forza. Possiamo preparare allenamenti ultra-precisi individualizzati, ma se l’organismo che si allena non è nelle condizioni fisiologiche per migliorare non ci saranno risultati a lungo termine; solo quando training e under-training sono corretti migliorerà la forza.

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