Comparazioni e correlazioni tra specialisti della corsa di endurance in prove massimali anaerobiche in salita e in discesa

Comparazioni e correlazioni tra specialisti della corsa di endurance in prove massimali anaerobiche in salita e in discesa

Questo articolo porta come prima firma quella di Enrico Arcelli, grandissimo “maestro” di scienza dello sport e uno dei promotori di questa rivista, venuto a mancare nel 2015.” L’idea di questo contributo è stata di Fabrizio Anselmo che ci ha proposto una riedizione, curata insieme ai colleghi Antonio Dotti e Luca Cavaggioni, di alcuni lavori riguardo gli adattamenti in acuto a seguito di sprint massimali condotti in salita e discesa. 

Ferretto Ferretti

Abstract

L’incremento e l’evoluzione delle gare di corsa in montagna e trail hanno stimolato l’interesse e la curiosità della comunità scientifica per analizzare gli aspetti biomeccanici e fisiologici della corsa in salita e in discesa. L’obiettivo della presente ricerca è quello di indagare gli aspetti fisiologici a seguito di sprint massimali in salita e in discesa su atleti evoluti specializzati nella corsa di endurance (montagna, maratona, cross, strada e pista). I risultati ottenuti mostrano delle differenze statisticamente significative della lattacidemia e nell’andamento della frequenza cardiaca, sia nella corsa in ascesa sia in quella in discesa, dimostrando l’efficacia di tale mezzo per stimolare tanto le componenti neuromuscolari quanto quelle metaboliche. Ai fini dello studio si ritiene prioritario il livello qualitativo del gruppo-atleti preso in esame, dal momento che è notoriamente complicato condurre ricerche specifiche con soggetti di blasone e palmarès d’eccellenza.


Viene riproposto questo articolo nella sua forma originale riguardo gli adattamenti in acuto a seguito di sprint massimali condotti in salita e in discesa in ricordo del dottor Enrico Arcelli. La tematica della corsa in salita era soltanto uno dei numerosi interessi scientifici che il “dottore” amava indagare. Pertanto, in molte sue parti, questo scritto potrebbe sembrare a tratti anacronistico e/o scientificamente non aggiornato, ma la scelta di conservarlo nella forma e nei suoi contenuti iniziali vuole essere un omaggio a un grande studioso di scienza e di sport. La corsa in salita rappresenta infatti un mezzo di allenamento sfruttato nel mondo sportivo (sia nelle discipline individuali sia di squadra) poiché permette di ottenere delle risposte organiche massimali, sia metaboliche sia neuromuscolari (Arcelli et al., 2008). Proprio per questa ragione tale tipologia di allenamento viene consigliata perché riesce a ottenere dei sensibili incrementi, in breve lasso di tempo, della condizione fisica degli atleti. Le potenzialità delle salite differiscono in relazione alla lunghezza (brevi, medio-brevi, intermedie, lunghe, indirizzate allo sviluppo della potenza aerobica e cronoscalate) e alla pendenza. Nella moderna metodologia, lo sviluppo delle qualità neuromuscolari ha assunto un ruolo rilevante nella pianificazione e nella programmazione. il mezzofondista completo annovera spesso valori importanti nelle qualità di forza reattiva. Non solo, il boom delle manifestazioni di trail e montagna ha aperto una breccia culturale pure in tale ambito; parallelamente l’utenza di allenatori e atleti deve essere erudita e plasmata anche sotto l’aspetto scientifico e metodologico. Si rivela sempre più importante cercare di migliorare anche il sistema del meccanismo alattacido, pur riconoscendo i conclamati limiti fisiologici che i geni ereditari ci trasmettono in termini di acquisizione di fibre veloci (Ft) oppure lente (St). L’analisi valutativa sui 12 s intende indagare la cosiddetta “zona di transizione”, labile e discusso confine tra lattacido e alattacido, nell’ampio “mare” del meccanismo bio-energetico anaerobico. La corsa in salita viene usata nell’allenamento di diversi atleti perché, grazie a questa, è possibile ottenere valori di richiesta energetica molto più elevati di quelli raggiungibili in piano alla medesima velocità. Alcuni studi hanno preso in esame le possibilità di esprimere la miglior efficienza biomeccanica in rapporto alla pendenza, tanto in salita (Padulo et al., 2012) quanto in discesa (Chen et al., 2009). Altri lavori hanno invece contemplato la ricerca di un metodo efficace per rilevare i rapporti di incidenza tra il costo energetico, il massimo consumo di ossigeno e la tipologia di corsa applicata (Beltrami et al., 2012). Paavolainen et al. (2000) hanno altresì studiato la risposta fisiologica, in termini di potenza espressa e di massimo consumo di ossigeno, in atleti appartenenti a diverse specialità e attraverso una prova di corsa in salita (ripidità del 7% circa) e un’altra a pendenza nulla. i risultati riscontrati sono stati sorprendenti, dal momento che sono stati rilevati valori medi di massimo consumo di ossigeno molto più elevati in una prova condotta in salita rispetto alla stessa eseguita a pendenza nulla (65 mL/kg/min vs 61 mL/kg/min). Le risposte adattative dell’organismo alla salita fanno riferimento ad aggiustamenti sul versante neuromuscolare e/o metabolico. dal punto di vista fisiologico, è possibile migliorare la capacità del cuore ad apportare ossigeno dai polmoni sino ai muscoli; si dovrà quindi agire sulla gittata pulsatoria, ovvero sul fattore maggiormente influenzabile dall’allenamento. Un altro importante vantaggio (eseguendo le prove in salita), oltre allo sviluppo e al consolidamento delle componenti aerobiche centrali, è la formazione di acido lattico, utilissimo per “allenare” e influenzare determinati aspetti delle componenti lattacide (allontanare più rapidamente gli ioni h+ e LA- dai muscoli). infine, non meno importanti, sono gli adattamenti neuromuscolari: a ogni passo, infatti, è richiesta una sempre maggiore quantità di forza, con conseguente diminuzione della risposta elastica e con un intervento sempre superiore di fibre veloci, unite alla sollecitazione delle qualità nervose di forza esplosiva degli arti inferiori (Arcelli & Ferretti, 2004). con l’incrementare dell’inclinazione, diminuisce l’ampiezza dei passi, mentre aumenta il tempo di appoggio (Kunz & Kaufmann, 1981). La corsa in discesa, per contro, consente un risparmio energetico rispetto agli altri gradienti: meccanicamente, il baricentro risulta più basso e l’azione delle braccia assume una certa rilevanza, poiché gli arti possiedono un effetto stabilizzante per mantenere un corretto equilibrio. dal punto di vista muscolare, la discesa si rivela molto più impegnativa rispetto alla salita, proprio perché i muscoli sono impegnati in una continua contrazione eccentrica al fine di rallentare il corpo. questa “dinamica posturale” porta a dei veri e propri indolenzimenti muscolari (doMS), tipici dell’azione eccentrica e tendenti a instaurarsi nelle ore successive la corsa stessa. Gottschall & Kram (2004) hanno stabilito che, quando sia paragonata con quella della corsa in piano, la componente orizzontale nella fase di spinta cala in discesa, mentre aumenta in salita. Numerosi studi sono stati condotti per valutare il comportamento dei parametri interni (lattato ematico, frequenza cardiaca e rPE) fra sprint in piano e in salita a varie pendenze e in diverse modalità (Arcelli & Cavaggioni, 2011). Ai fini allenanti sono varie le tipologie di corsa in salita che si possono effettuare; la lunghezza della prova comporta adattamenti fisiologici differenti: potremmo definire salite brevi (fino a 20 m), salite medio-brevi (da 20 fino a 50 m circa), salite intermedie (da 50 a 100 m), salite più lunghe, con pendenza inferiore e valenza incisiva sulla sfera lattacida (da 100 a 200 m) e infine per la potenza aerobica (prove ripetute da diverse centinaia di metri fino a breve chilometraggio) e “cronoscalate” (diversi o numerosi km continuativi). Pertanto, lo scopo del presente studio è quello di indagare l’andamento dei parametri fisiologici di frequenza cardiaca e lattacidemia in prove di specifica durata (12 s) in salita e in discesa in atleti d’élite (uomini e donne) praticanti diverse discipline di endurance, ma con lo stesso comun denominatore.

Lo studio

Soggetti

Il campione oggetto di studio è riferito a 21 atleti evoluti di valore nazionale e internazionale di corsa in montagna, maratona e altre discipline del mezzofondo prolungato (cross, strada, pista). Si è voluto tener particolarmente conto dell’eclettismo degli atleti, scegliendo specialisti poliedrici della montagna e con caratteristiche interdisciplinari per quanto riguarda le altre specialità. Ad esempio, dei 12 maschi prescelti, solo 4 non frequentano abitualmente gare in montagna; degli altri 8, almeno 6 ottengono prestazioni di assoluto valore anche nelle altre discipline. il settore femminile, invece, è poco più eterogeneo: 2 atlete sono unicamente specialiste della montagna; 4 sono plurieclettiche e conquistano allori in varie settori e 3 frequentano abitualmente strada e pista o cross.

Referenze sportive atleti maschi

MDG: sei titoli iridati assoluti in bacheca (corsa in montagna); atleta poliedrico con ottime prestazioni nel cross, strada e maratona.

MB: azzurro della corsa in montagna con buone prestazioni anche nel cross, in strada, maratona e maratonina.

DR: azzurro di maratona, pista e cross con diversi titoli italiani nel palmarès e partecipazione a campionati mondiali ed europei.

EM: azzurro di corsa in montagna nonché campione italiano e under 23 dei 3.000 siepi. vanta anche un podio “argentato” ai Mondiali assoluti di corsa in montagna.

TV: azzurro di corsa in montagna con ottimi risultati in maratona, cross e strada. vanta un titolo iridato nella corsa in montagna (lunghe distanze).

TT: atleta poliedrico con buoni risultati in tutte le competizioni di endurance; dalla pista (10.000 m e 3.000 siepi) al cross, sino alla maratona con discrete apparizioni anche in montagna.

DC: azzurro della corsa in montagna; vanta un bronzo individuale ai Mondiali di specialità e altri buoni piazzamento nell’arengo internazionale. ottimo specialista anche in cross e maratona, ottiene notevoli risultati in pista (5.000 e 10.000 m).

PF: azzurro di corsa su strada e maratonina con ottime prestazioni anche in pista (5.000 e 10.000 m) e nel cross.

LM: campione italiano e azzurro under 23 dei 3.000 siepi; ottime prestazioni pure nei 1.500 e 3.000 m piani in pista e nel cross.

MDM: azzurro del cross e della corsa in montagna. Plurimedagliato ai campionati europei di corsa in montagna. Atleta poliedrico e valido corridore anche su pista (10.000 m) e su strada.

BDM: azzurro del cross, della corsa in montagna e della corsa su strada. Pluricampione europeo di corsa in montagna e argento ai campionati mondiali. Atleta polivalente con ottime prestazioni anche su pista (10.000 m), strada e maratona.

AP: azzurrino della corsa in montagna; vanta buoni piazzamenti ai campionati italiani giovanili nella corsa con siepi e lusinghieri risultati nel cross.

Referenze sportive atlete femmine

CS: azzurra nel cross, nella corsa in montagna e nei 3.000 siepi. campionessa italiana under 23 nelle siepi, ha partecipato a campionati europei e mondiali di cross e ai Mondiali juniores di corsa in montagna.

DO: atleta di spessore a livello giovanile nelle specialità in pista (2 min 12 s sugli 800 m; 4 min 37 s sui 1.500; 10 min 11 s sui 3.000). discontinua ma efficace anche nel cross, ha disputato qualche prova di corsa in montagna con discreti risultati.

MR: azzurrina nel cross; eccelle soprattutto nel mezzofondo in pista spaziando dai 3.000 ai 10.000 m. II: azzurra di cross, strada, maratona e corsa in montagna. È il simbolo femminile della poliedricità; ha ottenuto risultati di rilievo anche in maratonina e nei 10.000 m in pista.

CC: atleta di spessore nazionale e continuità in tutte le discipline di endurance. ha sfiorato più volte la maglia azzurra nella corsa in montagna e ha ottenuto sempre piazzamenti prestigiosi nei diversi campionati nazionali di cross, strada, maratonina e pista (10.000 m).

VB: pluridecorata ai diversi campionati europei e mondiali di corsa in montagna; è stata anche campionessa europea nella medesima disciplina. Più volte azzurra di cross ai vari campionati continentali, ha ottenuto buone prestazioni anche su pista e su strada

SS: azzurrina di cross e nei 3.000 siepi in pista, ha ottenuto buone prestazioni anche nelle manifestazioni su strada e nelle altre discipline in pista (1.500 e 5.000 m).

EF: azzurrina di corsa in montagna e campionessa italiana juniores nella medesima disciplina. ottiene discreti risultati anche nel cross.

IB: specialista della corsa in montagna; ha ottenuto lusinghieri risultati sfiorando la maglia azzurra. Sempre piazzata nelle diverse manifestazioni nazionali, ottiene discreti risultati anche nel cross.

Materiali e metodi

Per lo studio sono stati utilizzati il lattametro Accutrend (Roche), un fotometro a “riflettanza” per il monitoraggio del lattato ematico con l’ausilio di strisce reattive “a” reagente chimico di rilevamento (BM-Lactate/Roche), il cardiofrequenzimetro Polar, S610i con possibilità di dati “interfacciabili”-USb per la rilevazione della frequenza cardiaca e un “ruotino” metrico omologato dall’Albo Professionale geometri per misurare la distanza percorsa. Ai 21 atleti è stato chiesto di eseguire degli sprint all-out in salita e in discesa al fine di osservare il comportamento e le variazioni dei parametri sopracitati. dal momento che si è verificata l’impossibilità di eseguire il test nella medesima località, si intende ribadire che il protocollo e lo svolgimento delle prove è stato ovunque eseguito con legittimi criteri di equità e omogeneità, rispettando le pendenze (circa 6- 7 %), la morfologia del terreno (fondo connesso in asfalto) e con l’aiuto di geometri in possesso di specifica strumentazione.

Design dello studio

È stato effettuato un primo prelievo ematico per la determinazione del lattato “a riposo” (post-riscaldamento), che definiremo “iniziale” e registrato il valore di frequenza cardiaca. ovviamente, dal punto di vista scientifico e fisiologico, non è possibile definire questa condizione realmente “basale”. tuttavia, data la qualità e il blasone degli atleti in esame, sarebbe complesso richiedere uno sforzo anaerobico massimale a dei fondisti senza adeguato innesco psico-fisico. Successivamente, è stato eseguito uno sprint massimale in salita di 12 s. A distanza di 1 min e 30 s, sono stati rilevati i valori di picco del lattato ematico e delle pulsazioni cardiache e poi si sono osservati 5 min di recupero “passivo” (totalmente fermi “sul posto”; senza alcuna forma di deambulazione). terminato il tempo di recupero è stato svolto il secondo prelievo ematico di lattato e annotata la frequenza cardiaca a riposo. È stato eseguito lo sprint massimale in discesa e al termine di questo (dopo 1 min e 30 s) sono stati annotati i valori di lattacidemia e di frequenza cardiaca sotto sforzo. Per l’analisi statistica è stato utilizzato il software statistico SPSS 16.0.

Risultati e discussione

Come mostrano le tabelle A e B i risultati ottenuti dal campione oggetto di studio sono stati molto eterogenei. osservando i dati raccolti, si può notare come gli uomini – in salita – presentino dei valori “iniziali” di lattacidemia pari a 4,6 mmol/L contro le 6,2 mmol/L in discesa; i valori pulsatori medi a riposo sono stati di 109 bpm e di 88 bpm in discesa. Le donne, invece, una concentrazione ematica di lattato “iniziale” di 6,3 mmol/L contro le 6,9 mmol/L di lattato in discesa. Per quanto concerne le frequenze cardiache, le donne in salita presentano dei valori a riposo di 113 bpm contro gli 89 battiti in discesa. Le medie lattacidemiche post-esercizio sono risultate le seguenti: gli uomini 7,5 mmol/L in salita vs 7,6 mmol/L in discesa mentre le donne 9,6 mmol/L in pendenza vs 6,4 mmol/L in discesa. il picco medio di frequenza cardiaca ha mostrato dei valori molto simili per entrambi i sessi: gli uomini 158 bpm in salita vs 147 bpm in discesa, mentre le donne 157 bpm in salita vs 148 bpm in discesa. Analizzando le figure 1 e 2 riguardanti i delta di lattato e di frequenza cardiaca si possono osservare delle differenze statisticamente significative tra la fase in salita e di discesa. Nello specifico uomini e donne presentano differenze significative tra la fase di ascesa e di discesa nel delta di lattato (uomini p value: 0.0067; donne p value: 0.0299) e nel delta della frequenza cardiaca (uomini p value: 0.0153; donne p value: 0.0397). indagando il comportamento relativo all’accumulo di lattato tra la condizione iniziale e quella dopo lo sprint, si possono registrare in salita delle differenze statisticamente significative per entrambi i sessi (uomini p<0.0001; donne p value: 0.0433). in discesa, invece, soltanto il sesso maschile ha fatto registrare una variazione statisticamente significativa (p value: 0.0041 – figura 3). Per ciò che concerne l’andamento della frequenza cardiaca in funzione del tipo di pendenza è possibile apprezzare delle differenze statisticamente significative per entrambi i sessi (p<0.0001) (figura 4). infine si può osservare come mediamente sia uomini sia donne presentano delle differenze significative (p<0.05) tra la corsa in salita e in discesa. Nello specifico gli uomini percorrono una distanza maggiore sia in discesa sia in salita rispetto al sesso femminile (81 m in salita contro i 106 m della discesa), a differenza delle donne che percorrono 69 m in ascesa rispetto ai 94 m in discesa. È possibile osservare come tutti i parametri analizzati (lattacidemia, frequenza cardiaca e distanza ricoperta) siano intrinsecamente dislivello- dipendenti. Per quanto riguarda la lattacidemia, si possono riscontrare differenze statisticamente significative (p<0.05) fra produzione e accumulo di lattato negli atleti di sesso maschile. gli uomini, in discesa, producono meno lattato rispetto alla salita, ma ne accumulano una concentrazione media relativamente simile. curiosamente, le donne fanno registrare dei valori di incremento del lattato leggermente anomali e in discesa il delta risulta negativo. ciò potrebbe essere riconducibile al fatto che il lattato basale risulta già relativamente alto, poiché, per effetto del riscaldamento specifico, sono stati eseguiti allunghi in salita. quest’ultimi, molto probabilmente, hanno determinato l’aumento della concentrazione di tali ioni in modo considerevole. il lattato di picco registrato dopo la discesa, in molti soggetti, è più basso rispetto al valore di riposo. ciò potrebbe essere sempre dovuto dal tipo di riscaldamento svolto appena prima del prelievo. vi sono pure da considerare alcuni aspetti biomeccanici che potrebbero in parte spiegare le diversità fra i sessi: le donne, in discesa, in rapporto agli uomini, lavorano molto di più sulla frequenza dei passi rispetto all’ampiezza. osservando i valori di frequenza cardiaca, invece, il delta di frequenza non ha portato a differenze statisticamente significative: si può notare come la discesa elevi i battiti in modo maggiore rispetto alla salita. infine, per entrambi i sessi, i battiti medi registrati in discesa sono pressoché identici, il che fa presupporre che il carico interno richiesto per sprintare in salita e in discesa sia molto simile. Per concludere, analizzando i dati medi riferiti ai metri percorsi, si può verificare come vi siano differenze significative (p<0.05): in salita si copre una distanza inferiore alla discesa perché, in quest’altra condizione, si corre a favore di gravità e ciò è valido per entrambi i sessi. questi rilievi confermano ancor più quanto vi sia da studiare e indagare in questo ambito. il rapporto tra la biomeccanica del gesto, tanto in salita quanto in discesa, il consumo energetico e la labilità tra il metabolismo lattacido e alattacido, aprono spiragli a nuove strategie e applicazioni sui mezzi di allenamento. La capacità di correre efficacemente in salita e in discesa può scaturire anche da un’attitudine naturale; l’abilità specifica la si acquisisce in seguito a un lavoro di propriocettività legata agli analizzatori cinestesici, soprattutto nella corsa in discesa. va altresì considerato quanto il ruolo e l’efficacia degli sprint brevi in salita sia conosciuto e applicato sin dagli anni ‘90 anche per la “costruzione” di prestazioni aerobiche. tra le componenti centrali della potenza aerobica, il miglioramento della “portata cardiaca”, vale a dire la capacità del cuore di pompare una grande quantità di ossigeno a ogni battito, è uno dei punti chiave comune a tutte le discipline di endurance. quello che varia, da una specialità all’altra, sono le componenti periferiche legate alle capacità dei muscoli che intervengono nel gesto specifico, di utilizzare una maggiore percentuale di ossigeno e che dipendono dalla presenza nelle fibre muscolari di numerosi mitocondri. Conclusioni com’è stato dimostrato, gli sprint in salita rappresentano un ottimo mezzo d’allenamento poiché sono in grado di produrre delle risposte molto intense in funzione della durata della prova stessa. Si può confermare che eseguire degli sprint in salita rappresenta un’eccellente soluzione allenante in quanto induce delle risposte metaboliche intense che sollecitano qualità molto importanti sia negli sport di squadra (basket, calcio, rugby), sia individuali (a partire dalla corsa di endurance). da un punto di vista applicativo, qualora l’intento dell’allenatore sia quello di stimolare le componenti aerobiche centrali, oppure di miscelare componenti neuromuscolari a quelle metaboliche, si consiglia di effettuare dei tratti in salita parametrati alla medesima durata del presente studio (12 s), svolti a una pendenza impegnativa (non superiore al 12-15%) e conservando un corretto allineamento posturale durante la prova stessa.

Figura 1 Delta di lattato negli uomini e nelle donne in salita e in discesa.
Tabella A Valori basali e di picco di lattacidemia e frequenza cardiaca in salita e in discesa degli uomini.
Tabella B Valori basali e di picco di lattacidemia e frequenza cardiaca in salita e in discesa delle donne.