Allenamento specifico e aspecifico: l’evoluzione nel corso degli anni

Allenamento specifico e aspecifico: l’evoluzione nel corso degli anni

Roberto Sassi, nella sua lunga carriera da preparatore, ha lavorato con 14 allenatori in 16 diverse squadre professionistiche. Grazie a queste collaborazioni ha avuto l’opportunità di toccare con mano i differenti metodi di lavoro, con e senza palla. Sassi ha iniziato la sua presentazione ricordando un insegnamento del “Dottore”, Enrico Arcelli: “Il calcio allena il calcio ma non allena tutte le qualità che servono al calcio. Alleniamo gli aspetti condizionali in modo puro, la specificità viene dopo!”. Questo concetto viene ripreso anche dal moderatore Ermanno Rampinini che afferma come “L’allenamento (di qualsiasi sport) spesso sacrifica parte della specificità dello stimolo al fine di ottenere adattamenti fisiologici più marcati e potenzialmente utili per la performance”.

Grazie alla grande esperienza maturata su campo, Sassi ha posto l’attenzione sul fatto che la quantità di allenamento specifico (con la palla) e aspecifico (senza palla) è fortemente influenzata dalle scelte dell’allenatore. Il prof ha raccontato che all’inizio della sua carriera, il lavoro senza palla durante la preparazione precampionato rappresentava circa il 70% del volume totale. Le metodologie sono cambiate nel corso degli anni e durante l’esperienza a Mosca nel 2010-11, con l’allenatore che prediligeva l’utilizzo prevalente del pallone per il miglioramento delle qualità fisiche, si è arrivati a una percentuale di lavoro aspecifico di circa il 40% rispetto al totale. Negli ultimi anni le richieste degli allenatori sono sempre più orientate al raggiungimento degli obiettivi fisici effettuando allenamenti con la palla. 

Esperienze da campo con e senza palla

Nella sua esperienza con la Dinamo, Sassi ha spiegato come abbia potuto monitorare il carico interno rilevato con il cardiofrequenzimetro in diverse esercitazioni specifiche con palla proposte alla squadra per migliorare anche le qualità metaboliche. È interessante notare come l’uso sistematico di esercizi effettuati con il pallone è stato accompagnato da una riduzione della frequenza cardiaca media (figura 1).

Questa osservazione pone alcune riflessioni rispetto alla scelta della palla come unico mezzo di training delle qualità metaboliche. Molte volte questa proposta è stimolante ma risulta anche importante allenare i giocatori “a fare fatica”. Nei primi anni Duemila, il prof ha indicato come abbia voluto confrontare un allenamento aspecifico sui 1.000 m rispetto a un possesso 4 vs 4 con stesso rapporto lavoro-recupero, evidenziando il raggiungimento di obiettivi metabolici in entrambe le esercitazioni. Successivamente, si è paragonato il carico interno (frequenza cardiaca) e quello esterno (misurato utilizzando GPS) in un’esercitazione specifica con la palla (4 vs 4 in 25 x 25 m) rispetto a due esercitazioni aspecifiche senza palla. In tutte e tre le proposte pratiche lo stimolo cardiocircolatorio era simile, mentre il carico muscolare (accelerazioni e decelerazioni) dell’allenamento specifico era superiore. È importante evidenziare, però, come durante le esercitazioni con la palla il gioco debba essere efficiente ed efficace: se l’intensità fosse troppo alta con lo scopo di raggiungere obiettivi metabolici, si potrebbe perdere l’identità tecnico-tattica.

In bibliografia numerosi Autori presentano una struttura della settimana con i primi due giorni dopo la partita dedicati al recupero, seguiti da un graduale incremento del carico attraverso sessioni tecnico-tattiche (con la palla), a bassa e alta intensità, con esercitazioni di forza, resistenza e velocità. Analizzando il carico di allenamento, è stato notato come in molte squadre nel primo giorno di allenamento, utilizzando il pallone per migliorare le qualità metaboliche, si siano registrate numerose accelerazioni e una elevata distanza percorsa sopra i 20 km/h, parzialmente in contrasto con i suggerimenti della letteratura scientifica riguardo al recupero muscolare. Per questa ragione, Sassi nei giorni immediatamente seguenti la partita consiglia lavori con palla ma a “basso” impatto muscolare.

Esperienze da campo, l’alta velocità

Occorre rammentare che la maggior parte degli infortuni muscolari, soprattutto agli ischiocrurali avviene durante la partita quando è richiesta alta velocità. Attraverso l’analisi del carico esterno è stato possibile misurare in maniera sistematica le differenze tra l’alta intensità in gara e quella in allenamento. McCall et al. (2020) hanno mostrato come gli staff di diversi team abbiano evidenziato l’importanza di eseguire un lavoro preventivo tramite l’esecuzione di sprint ad alta velocità e allenamenti di forza eccentrica. Riguardo l’argomento è stata presentata una tabella dove venivano messi in evidenza il numero di eventi effettuati ad altissima velocità (sopra i 25 km/h) in squadre di calcio giovanili e femminili, sottolineando come il rapporto tra la distanza percorsa ad alta velocità in allenamento rispetto a quella in partita sia abbastanza basso.

La somministrazione delle esercitazioni ad alta velocità deve presentare una progressione graduale dell’intensità ponendo l’attenzione anche alla tecnica di corsa. Pur essendo le cause di infortunio agli hamstring multifattoriali, una corretta tecnica di corsa permette una maggior efficienza degli spostamenti con conseguente inferiore dispendio energetico e quindi una minor possibilità di infortunio legata anche alla fatica. Il ruolo del preparatore è quello di aiutare l’allenatore nella somministrazione di esercitazioni tecnico-tattiche ad alta velocità ed eventualmente prevedere delle sessioni di alta velocità individuali e aggiuntive. Sassi propone poi di triplicare il lavoro ad alta velocità durante la settimana rispetto a quello che viene effettuato in partita.

L’allenamento aspecifico in altri sport

Nella maggior parte degli sport di squadra e individuali gli atleti sono soliti effettuare allenamenti non specifici (generali) per supportare le prestazioni specifiche, ma questo non sempre viene effettuato nel calcio. Intervistando diversi preparatori e allenatori di alto livello provenienti da altri sport, Sassi si è domandato se il lavoro aspecifico generale possa avere un effetto sulla prestazione e in che proporzione venga utilizzato nelle altre discipline. Nel motociclismo e nell’automobilismo spesso vengono introdotte sessioni di forza e allenamenti in bici che aiutano i piloti a prepararsi ad alte frequenze cardiache, tipiche delle gare. Nel ciclismo il volume di allenamento aspecifico risulta all’incirca il 10% del totale della settimana e, come nel calcio professionistico e in molti altri sport, il volume di lavoro aspecifico è fortemente influenzato dal calendario.

Nel tennis la percentuale di training generale è molto elevata e può arrivare a coprire circa il 50% del volume di una sessione. Nella pallavolo la parte di lavoro fisico aspecifico può arrivare fino al 20-25% del totale rivestendo un ruolo essenziale in alcune fasi della preparazione. Il lavoro aspecifico non viene dimenticato neanche durante il periodo competitivo. Nella NBA le sessioni aspecifiche vengono mantenute durante tutto l’arco della stagione con un’individualizzazione rispetto ai minuti giocati in partita. In season si prediligono esercizi a carico monopodalico per enfatizzare la stabilizzazione e l’aspetto coordinativo diminuendo il carico articolare. Nel calcio l’utilizzo di allenamenti aspecifici come l’allenamento della forza potrebbe essere importante per supportare l’atleta in alcune fasi dell’incontro e contribuire alla riduzione del rischio di infortunio. L’utilizzo di macchine isoinerziali in gesti specifici come il colpo di testa o la parata per un portiere potrebbe essere un supporto importante per alcuni giocatori nell’esecuzione degli stessi gesti in partita.  

Questo contenuto, a cura di Matteo Azzolini, è un estratto dell’intervento del professor Roberto Sassi al Convegno Scienza & Sport del 2021.