Il controllo del movimento quale fattore di prevenzione nel calcio giovanile

Il controllo del movimento quale fattore di prevenzione nel calcio giovanile

Italo Sannicandro

Giovani calciatori, giovani sportivi e rischio di infortunio

I giovani atleti costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile a causa della maggiore esposizione agli infortuni (Marar et al., 2012). La conoscenza delle condizioni che ne favoriscono l’insorgenza può rappresentare una base utile per una prevenzione efficace (Kozlenia et al., 2021a; Emery & Pasanen, 2019; Emery et al., 2010; Rössler et al., 2014). Se la letteratura concorda sul fatto che possono essere individuati fattori di rischio trasversali, a prescindere da età e genere (Pons-Villanueva et al., 2010; Svensson et al., 2018), è opportuno valutare tutti i potenziali elementi che concorrono a favorire l’insorgenza del trauma.

Spesso, infatti, i fattori che favoriscono una lesione sono analizzati singolarmente tralasciando di frequente una visione più complessa, che potrebbe essere più accurata e affidabile, e che potrebbe implicare una prevenzione più produttiva (Kozlenia et al., 2021a).

Nella tradizionale classificazione tra fattori estrinseci e intrinseci di rischio di lesione, appare evidente come accanto a elementi legati alla diversa morfologia corporea, difficilmente modificabili ma con i quali lo staff deve misurarsi comunque, ve ne siano altri sui quali è possibile agire con buone probabilità di successo.

L’osservazione di modelli e pattern di movimento non adeguati o disfunzionali rispetto alla gestualità sportive che il giovane atleta deve realizzare in funzione della disciplina sportiva praticata costituisce un altro interessante motivo di analisi e riflessione (Garrison et al., 2015), così come i livelli di attività fisica (Colella, 2016 & 2018; Colella & Bonasia, 2019; Kiesel et al., 2017; de la Motte et al., 2017 & 2019). I livelli di alfabetizzazione motoria sono sempre più riconosciuti come essenziali della salute per il bambino e per l’adolescente.

Si ipotizza che l’alfabetizzazione motoria, infatti, sia il fondamento per la partecipazione all’attività fisica per tutta la vita ed è un concetto che racchiude la motivazione al movimento, la percezione di autoefficacia, la competenza fisica, le conoscenze sul movimento e la responsabilità di impegnarsi nelle attività fisiche per tutta la vita (Caldwell et al., 2020; Tremblay et al., 2018; Zwolski et al., 2017). Di conseguenza, è necessario identificare quali aspetti possano essere cruciali nell’eziologia delle lesioni e il relativo monitoraggio-controllo potrebbe essere efficace per la prevenzione delle stesse. Le prestazioni fisiche sono fortemente associate agli infortuni. Alcune interessanti review (de la Motte et al., 2017 & 2019; Christopher et al., 2021) indicano che valori di forza più modesti sono abbinati a una incidenza di lesioni maggiore sia nei gruppi maschili sia femminili. Medesima rilevanza sembrano avere le imbalance di forza tra distretti muscolari agonisti e antagonisti (Lehance et al., 2009; Carvalho et al., 2016) e la mobilità articolare (Bradley & Portas, 2007; Kozlenia & Domaradzki, 2021b; Wan et al., 2017).

Esiste, inoltre, una relazione tra la performance e la qualità del movimento: è stata osservata una relazione significativa tra punteggi ottenuti nella valutazione con FMS e valori di potenza muscolare degli arti inferiori in calciatori professionisti (Sannicandro et al., 2017). Altri Autori hanno individuato interessati rapporti funzionali tra forza dei distretti muscolari del tronco e qualità e controllo del movimento (Chimera et al., 2017; Silva et al., 2019). E questo pare caratterizzare lo sviluppo del movimento fin dai primi anni di vita, diventando poi un indicatore dei livelli di attività fisica negli anni successivi (Jones et al., 2020). La qualità e il controllo del movimento rimangono un tema molto centrale nel dibattito sui fattori intrinseci modificabili attraverso gli interventi metodologici sul campo (Domaradzki et al., 2018; Kiesel et al., 2017; Garrison et al., 2015). Pur se la letteratura non è concorde sul carattere predittivo di alcuni strumenti di valutazione (Moran et al., 2017; Triplett et al., 2021; Riela & Bertollo, 2019), emerge come molto spesso l’intervento integrativo per modificare i pattern di movimento del giovane atleta possano restituire risultati molto interessanti a supporto dell’ipotesi che possono essere raggiunti livello di controllo del movimento più adeguati (Campa et al., 2019) e con conseguenze vantaggiose sulle prestazioni sport specifiche (Baron et al., 2019).

Il controllo del movimento quale fattore della performance

Il gesto finalizzato, affinché risulti adeguato allo scopo per il quale lo si sta programmando e realizzando, è basato sull’abilità di trasferire un carico in modo biomeccanicamente corretto, pena la realizzazione di pericolosi compensi. Il compenso, ossia l’adattamento e il reclutamento di distretti muscolari e di leve più vantaggiose ai fini del superamento di un carico o della risoluzione di un compito/problema motorio, si identifica in una strategia messa in atto da chi esegue il movimento, che non rispetta la corretta esecuzione tecnica, pur di portare a termine il compito/esercizio. Compensare si traduce in un trasferimento di carico non economico, non efficace, disfunzionale e potenzialmente lesivo o pericoloso laddove tale strategia esecutiva diventa reiterata. La compensazione porta alla disfunzione e al rischio di infortunio.

In sintesi, durante ogni movimento che l’individuo esegue è assicurato da ogni anello della catena cinetica che, in relazione alla funzione che deve assicurare, mobilizza o stabilizza, si preoccupa di accelerare o frenare un segmento corporeo in un’azione coordinata grazie alla quale ogni elemento della catena condiziona e si relaziona con gli altri. La performance pertanto può essere considerata quale risultato di un equilibrato “compromesso” tra produzione di forze e riduzione-dissipazione di queste ultime, tra dislocazione e distribuzione di pesi e forze con un’attenzione particolare alla stabilizzazione delle strutture articolari tanto in condizioni statiche quanto in condizioni dinamiche. Il movimento prodotto, pertanto, è la sommatoria di continue attivazioni muscolari che seguono un timing di attivazione coordinato dal SNC.

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